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Questo articolo fa parte della Sezione di Scritti a cura dei Dottorandi di Ricerca

"Teorie e scritture dell'architettura contemporanea" Vai  all'indice di tutti gli articoli  >>


Il seminario condotto da Antonino Saggio  ha inteso fornire uno spaccato critico su alcuni testi recenti di Teoria dell'architettura contemporanea e allo stesso aprire la riflessione sul rapporto tra teoria e pratica progettuale all'interno dell'attività dei partecipanti, A partire dal testo analizzato e commentato in ciascun articolo è presente un progetto architettonico che serve ad esemplificare, seppure parzialmente, alcuni nessi tra elaborazione teorica e ricerca progettuale di ciascun dottorando di ricerca.


Dottorato di Ricerca in

Composizione Architettonica (Teoria dell'architettura)

Facoltà di Architettura Ludovico Quaroni – La Sapienza Roma

Direttore Lucio Barbera

 


IL PENSIERO, LA FORMA, LO SPAZIO

di Francesco Isidori

Lungo la millenaria tradizione occidentale, le “figure” che l’architetto conferisce allo spazio, dal tempio al teatro, dalla chiesa allo stadio, per non dire dell’intera città, risultano determinate dal senso del mondo sviluppato dal pensiero filosofico. Comprendere fino in fondo il nostro presente, saper penetrare l’essenziale nichilismo della nostra storia, è condizione fondamentale per progettare il futuro.
 

Emanuele Severino,

Tecnica e architettura,

Raffaello Cortina Editore, Milano 2003, (pp.125)

 

             
 

 

“Tecnica e Architettura” è una raccolta (a cura di Renato Rizzi) di tre saggi filosofici, “L’uomo e la tecnica”, “Raumgestaltung” e “Verità e tecnica” scritti da Emanuele Severino in contesti e in periodi diversi (sette anni intercorrono tra il primo e il terzo), in occasione dei quali, il filosofo bresciano è stato sollecitato ad intervenire, in senso generale, sul rapporto tra pensiero e architettura.

Ci occuperemo del terzo saggio, “Raumgestaltung”, quello che in senso più specifico si pone l’obiettivo di affrontare il rapporto logico-estetico tra teoria filosofica e spazialità architettonica.

Severino, risalendo fin alle origini dell’architettura, alle sue definizioni e al suo significato profondo, tenta di stabilire un nesso logico tra passato e presente al fine di porre in essere alcune ipotesi su un possibile futuro; questo attraverso i grandi mutamenti della storia dell’architettura che coincidono con la svolta del “Moderno” prima e successivamente con l’avvento della “Condizione Contemporanea”.

 

Labics (Isidori, Clemente, Sardella) – Complesso Didattico Universitario - Milano

 

A partire dalla fine del secolo scorso il concetto di Raumgestaltung – “configurazione dello spazio”, conserva una posizione centrale nella riflessione sul significato dell’architettura.  A. von Schmarsow, che lo ha introdotto e che vede in esso l’essenza dell’architettura, avverte che la configurazione dello spazio non è una variabile indipendente, ma si costituisce in relazione agli scopi dell’uomo. A questo punto, non si deve perdere di vista che tutti gli scopi dell’uomo sono riconducibili allo scopo di fondo dell’umanità che è quello di “difendersi dal pericolo in cui vivendo ci si trova” e trovare un rimedio contro l’orrore della vita e una salvezza dal dolore e dalla morte.  Allora “la costruzione di un riparo contro l’inclemenza del tempo e le insidie delle belve e dei nemici – la costruzione della casa – è una delle forme più originarie di quella volontà di salvezza. Si può dire che la prima Raumgestaltung sia lo spazio luminoso dischiuso e delimitato dal fuoco attorno al quali ci si stringe”. La configurazione dello spazio dipende quindi dalle modalità e dai dispositivi messi in atto dall’uomo per combattere l’angoscia per il dolore e per la morte; ma queste modalità non sono altro che la ricerca di “una sapienza non smentibile e non modificabile e pertanto non “mitica” – l’episteme. Svelando l’Ordinamento eterno e divino che sovrasta e regola la creazione e l’annientamento delle cose, l’episteme libera l’uomo dall’angoscia prodotta dal divenire.”

 

CDU - veduta aerea

 

“Tutto questo significa che la configurazione dello spazio (nelle architetture del passato) è determinata dal senso del mondo che si presenta nel contenuto eterno dell’episteme filosofica e teologica greco-cristiana. La “figura” (gestaltung) che l’architettura conferisce allo spazio rispecchia cioè in se stessa l’Ordinamento eterno che viene mostrato da tale sapienza.” E questo Ordinamento si esprime attraverso la misura della geometria e la conoscenza della matematica. Pertanto, “le costruzioni e le abitazioni della tradizione occidentale possono essere simboli dell’Eterno episteme greco-cristiana perché sono configurazioni geometrico-matematiche dello spazio; perché in esse lo spazio è configurato e ordinato secondo le categorie dell’episteme geometrico-matematico.”

“Il colonnato geometrico del tempio, come la gradinata semicircolare del teatro, e la disposizione regolare degli edifici nella città delimitano e determinano lo spazio vuoto; in cui dunque non ci si può muovere a caso, ma conformemente alla sua struttura geometrica, ossia a un ordine che viene percepito e vissuto come assoluto e immutabile.”

 

CDU – veduta di ingresso

 

Dopo Hegel, la grande tradizione epistemica dell’Occidente si avvia al tramonto. “L’episteme, che dovrebbe essere il riparo e il rimedio contro il pericolo del nulla, finisce con l’essere il peggior male poiché soffoca il divenire della vita, che seppur fonte di angoscia è il respiro dell’esistenza.” Non c’è vita senza divenire, e l’episteme soffoca il divenire.”

Così avviene nell’architettura della tradizione occidentale, dove il Raumgestaltung assorbe e annulla lo spazio che dovrebbe configurare. “Il Raumgestaltung epistemico-geometrico-matematico prestabilisce e anticipa, rendendolo apparente, il movimento di coloro che lo abitano…Il “pieno”, anticipando ogni movimento, finisce per occupare il “vuoto”.”

Ma se “nella cultura tradizionale la regola assoluta e immutabile coincide con la bellezza, nell’architettura moderna (e in ogni altra forma di arte) la bellezza della “figura” non appare più come valore assoluto, ma come la configurazione che le opere dell’uomo vengono ad assumere in rapporto ai suoi scopi.” Per cui nel momento in cui tramonta l’episteme, il concetto assoluto di bellezza perde di significato, e la decorazione, in quanto strumento di espressione della bellezza, perde il suo valore semantico e si presenta come il superfluo (Herman Muthesius).

 

CDU – veduta di ingresso

 

Da qui nasce il “Movimento Moderno” in nome del principio secondo cui la “forma segue la funzione”. “E’ il modo in cui si vuol vivere negli spazi interni degli edifici (la “funzione”) a determinare l’”involucro” (la “forma”), il quale dunque diventa una configurazione che lascia liberi gli spazi interni.” Nell’architettura del “Moderno” dove la libertà spaziale è essenzialmente connessa alla libertà democratica e all’architettura popolare; la libertà della pianta, della sezione e della facciata, esprimono sostanzialmente la liberazione dalle strutture immutabili dell’episteme. “E, insieme, tale libertà è resa possibile dalle nuove tecniche del ferro e del cemento armato, che si costituiscono all’interno della progressiva affermazione della tecnica guidata dalla scienza moderna, all’interno cioè della potenza che diventa predominante”.

Per Le Corbusier, la casa diventa una “macchina per abitare”, dove ogni parete statica viene sostituita con diaframmi mobili per consentire un uso libero dello spazio abitabile e dunque simbolo dell’organizzazione tecnologica che sostituisce le strutture rigide dell’esistenza per non soffocare il divenire, la libertà della vita.

 

CDU – veduta posteriore

 

“Il “Movimento Moderno” dell’architettura esprime (anche) il passaggio dalla città chiusa alla città aperta. Le strutture in ferro e vetro della città aperta rendono possibile quella elevata permeabilità visiva tra interno ed esterno che esprime sul piano architettonico la necessità che il riparo non sia un a priori chiuso in sé, ma quell’apertura all’esperienza, una delle cui forme più caratteristiche è data dal metodo sperimentale della scienza moderna – dal metodo che, aperto agli insegnamenti dell’esperienza, consente un dominio del mondo ben più reale di quello ottenuto dal sapere incontrovertibile e chiuso in sé dell’episteme.”

 

CDU – veduta laterale

 

E veniamo all’architettura contemporanea. Non è più presente quel rifiuto radicale che il “Movimento Moderno” aveva posto nei confronti del passato; questa generale “tolleranza” nei confronti del passato è indice che il nostro tempo prende difficilmente coscienza di sé, ossia del suo essere inevitabilmente destinato al tramonto della tradizione epistemico-metafisico-teologica, ed essere sottoposto al dominio della tecnica. Dall’altra parte, un’ingenua interpretazione tecnicistico-scientifica  della tecnica, che in nome della libertà e del divenire della vita, volta totalmente le spalle al passato, rischia di produrre l’effetto opposto. Poiché, ammonisce Serverino, “il modo più sicuro di non affrancarsi dal passato è, in ogni campo, il dimenticarlo. L’autentico superamento del passato richiede che lo si conosca a fondo e che se ne tutelino in ogni modo le vestigia.”

Secondo il motto abbandonare conservando, Serverino conclude: “L’abbandono della tradizione occidentale può essere qualcosa di autentico solo se esso è insieme la conservazione di tale tradizione, cioè solo se la dimensione da cui ci si allontana continua a rimanere in qualche modo presente nella nuova dimensione in cui l’Occidente si porta”. In fondo, “decidere di uscire dalla storia dell’Occidente è come voler saltare al di là della propria ombra.”

 

CDU - vedute interne dello spazio di distribuzione

 

Metafora del rapporto tra collettività e individuo e luogo di mediazione tra queste due realtà, l’università è stata pensata come luogo di transizione. Da una parte, lo spazio istituzionale, rappresentazione metaforica dell’unità della comunità scientifica, luogo di una dimensione collettiva forte, luogo dei flussi e dell’incontro; dall’altra lo spazio differenziato, dove l’insieme degli individui, ognuno portatore dei propri valori e della propria identità, trovano luogo e stimoli per affermarsi in modo singolare.

Su questa dualità si è costruito l’ideogramma figurativo e concettuale del progetto: la transizione di una superficie - una sorta di pelle, frontiera e membrana di frizione tra i due sistemi - che nel passaggio da una dimensione urbana, pubblica e rappresentativa, verso una dimensione intima e privata, si trasfigura, lacerandosi in filamenti che, come solchi sul terreno, conquistano una relazione diretta con il verde e il paesaggio. Il grande piano inclinato che fronteggia l’ospedale, se da una parte racchiude con forza l’immagine unitaria dell’istituzione universitaria, divenendone rappresentazione di superficie, dall’altra ha la capacità di perdersi nel paesaggio, come gesto di radicale artificializzazione del territorio.

 

CDU - vedute interne dello spazio di distribuzione

 

 

 

      francesco.isidori@labics.it

 

 



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